Il 17 marzo del 1990 non era un sabato qualunque a Boston, si festeggiava San Patrizio, il patrono della città e dell’Irlanda.
Il St.Patrick’s Day è una festa molto sentita anche negli Stati Uniti dove i discendenti degli immigrati irlandesi di tutti i tempi celebrano la loro giornata sin dal 1737. Per tutto il giorno fino a tarda sera South Boston si è trasformata nel quartiere Temple Bar di Dublino dove è nata la tradizione, un continuo viavai di curiosi, turisti e bambini seduti sulle spalle dei genitori per guardare le sfilate delle cornamuse e degli abiti tradizionali, una moltitudine chiassosa di razze e religioni unita per un giorno sotto il colore verde del vescovo missionario irlandese elevato a Santo.
Concerto a tre è un dipinto realizzato dall’enigmatico artista olandese Jan Vermeer tra il 1663 e il 1666. Si tratta di un’opera di particolare rilevanza artistica nella quale il maestro di Delft affina il proprio stile ponendo ancora maggiore attenzione alla complessità delle forme e alla luce. Il quadro ritrae tre soggetti ben distinti all’interno di una stanza; un gentiluomo in abiti militareschi intento a suonare uno strumento a corda rivolge la schiena allo spettatore, e due donne in abiti eleganti. Una suona il clavicembalo e l’altra tiene uno spartito con una mano, mentre con l’altra accompagna il proprio canto. Straordinario è il modo in cui la luce, provenendo da una finestra che si percepisce soltanto, si posa sulla scena mettendo in risalto dettagli incredibili come l’abito della donna al clavicembalo.
Battuta all’asta nel 1780 ad Amsterdam dell’opera non si sa più nulla fino al 1892 quando viene acquistata dall’eccentrica Isabella Stewart Gardner, filantropa collezionista proprietaria dell’omonimo museo che si trova al 25 di Ewans Way a Boston. Ed è proprio nei pressi di questo indirizzo che, pochi minuti prima della mezzanotte, il 17 marzo 1990 un’anonima Buick nera, dopo aver girato due volte intorno all’Ewans Park, piccola aerea verde antistante il museo, si ferma sul lato destro della strada; per qualche istante i fari restano accesi poi si spengono. Ha ripreso a piovere e dentro l’automobile si nota a fatica la presenza di due occupanti, quello seduto sul lato passeggero accende una sigaretta, il lampo dell’accendino rivela il dettaglio di un cappello da militare o poliziotto. Al buio i due uomini sono sagome nere, immobili, l’unica fonte di luce è il bagliore fioco della sigaretta che prende vigore per poi spegnersi lentamente dopo ogni boccata. Poco dopo la mezzanotte le portiere dell’auto si aprono, ne fuoriescono due uomini in divisa da poliziotto che si avviano verso l’ingresso del museo percorrendo un breve viale che lo separa dalla strada.
Nello Stewart Gardner Museum due vigilanti armati si alternano tra la postazione monitor all’ingresso del museo accanto alla biglietteria e la ronda tra le stanze. Le immagini fisse delle opere si alternano a quelle del vialetto deserto in una noiosa routine. Pochi minuti dopo la mezzanotte del 18 marzo dal buio grafite di Ewan Street, sotto una pioggia battente emergono due figure che avanzano decise verso l’ingresso del museo, sembrano due colleghi della vigilanza ma non è previsto alcun cambio o sopralluogo così l’addetto alla videosorveglianza manovra la leva per attivare il movimento della telecamera esterna e lo zoom, la luce è scarsa ma sulle divise dei due individui risaltano chiaramente i distintivi della polizia di Boston. Il suono del citofono rompe il silenzio, il vigilante di ronda si precipita all’ingresso mentre il collega si appresta a rispondere alla chiamata.
– buonasera siamo della polizia di Boston
– cosa possiamo fare per voi agente?
– Abbiamo avuto una segnalazione di strani movimenti qui intorno.
– Qui è tutto tranquillo
– Meglio controllare, questione di pochi minuti.
Senza pensarci troppo e trascurando la prima regola imparata al corso di addetto alla sicurezza: “mai aprire a sconosciuti di notte qualunque sia la ragione”, il vigilante preme il pulsante di apertura ed esce dalla guardiola per andare incontro ai due poliziotti che nel frattempo sono già entrati armi in pugno intimando con voce ferma ai due sprovveduti vigilanti di alzare le mani. Disarmati, ammanettati ed evidentemente sotto shock chiedono
– Scusate ma perché ci arrestate? Noi non abbiamo fatto niente!
– Vi arrestiamo perché questa è una rapina.
Risponde uno dei due falsi poliziotti mentre estrae un rotolo di nastro adesivo americano con il quale immobilizza e imbavaglia i due facendo attenzione a non soffocarli. Neutralizzati i custodi i due ladri si dirigono a colpo sicuro verso la sala dove è esposto il pezzo più pregiato della collezione. Concerto a tre viene staccato dal muro con la massima attenzione, privato della cornice e riposto dentro un contenitore rigido appositamente preparato. La telecamera rimasta fissa sul viale d’ingresso ora riprende le due figure che di spalle ritornano nel buio da dove sono venute.
Da quella notte del 1990 non si hanno più notizie del quadro di Vermeer, ad oggi la maggior parte delle piste seguite dall’FBI, comprese quelle che suggerivano coinvolgimenti internazionali, si sono rivelate false o infondate. Resta in piedi solo la pista che porta alla criminalità italoamericana legata i nomi del gangster Carmelo Merlino e di David Turner che però negano ogni addebito. La tesi più convincente sostiene che Turner abbia nascosto i quadri dal suo padrino, Robert Guarente, che, una volta ammalatosi, li avrebbe dati al suo caro amico Robert Gentile. Quest’ultimo nega ogni suo coinvolgimento, ma durante un interrogatorio davanti alla macchina della verità sembra testimoniare il falso. Nonostante indagini approfondite, perquisizioni che non hanno risparmiato nessuno degli indiziati e dei personaggi a loro anche indirettamente collegati, la cornice all’interno dell’Isabella Stewart Gardner Museum ad oggi rimane vuota. “Concerto a tre” è ancora oggi una delle opere più ricercate al mondo.