The capital of the Swiss canton with the same name, home to one of the most impoIl giovane Picasso – Periodo blu e rosa. La mostra a Basilea.rtant collections of works by the founder of Cubism, celebrates the early period of the Spanish painter with 80 masterpieces created between 1901 and 1907
La Fondation Beyeler di Basilea, dopo l’evento dello scorso anno, torna ad occuparsi di Picasso con due manifestazioni. La prima, Picasso Panorama, fino al 5 maggio, espone 40 opere che rivisitano la sua intera carriera. La seconda Il giovane Picasso – Periodo blu e rosa, di cui ci occupiamo, dedicata agli esordi dell’artista. Quest’ultima mostra, visitabile fino al 26 maggio 2019, proviene dal museo di Orsay di Parigi dove è stata in calendario fino a gennaio. L’esposizione svizzera tuttavia è ampliata ed arriva fino al 1907, alla vigilia della realizzazione del quadro Les Demoiselles d’Avignon con cui inizia la svolta cubista di Picasso.
L’evento si segnala per la concentrazione di opere di altissima qualità, circa 80 pezzi tra pitture, sculture e disegni che vanno dal 1901 al 1906, provenienti da musei di tutto il mondo, ed è occasione per comprendere momenti cruciali nella produzione di questo genio del XX secolo. Quando nel 1901 iniziamo a vedere i primi balbettii di questo nuovo stile, Picasso è un giovane promettente pittore della provincia spagnola, artisticamente svezzato dalla bohème parigina, ma che vive a Barcellona.
Molto conosciuto nell’ambiente artistico per il suo grande talento, è assolutamente anonimo fuori dai circoli che frequenta. Il suo talento rischia però di diventare una prigione poiché potrebbe confinarlo al rango del bravo imitatore di stili altrui, lui lo sa e comprende di dover prendere le distanze dalla sua bravura. È ambizioso, mira a diventare il più grande pittore del suo secolo. È lui stesso a dire che deve disimparare a disegnare.
Nutrito della tradizione figurativa occidentale, che conosce molto bene, cerca un modulazione stilistica che sia solo sua. Inizia dunque a realizzare quadri monocromatici di tonalità blu; ma non il blu intenso della tradizione. Non è ad esempio il blu oltremarino, che era impiegato per il manto della Madonna, simbolo della dimensione spirituale di Maria, o quello che Michelangelo usa per il fondale del suo Giudizio Universale. Quello era un colore pieno e intenso, il blu di Picasso invece è un colore livido, triste come i protagonisti di queste tele, quasi sempre emarginati, derelitti, esclusi dalla società. Compaiono anche temi diversi, figure femminili, maternità e scene familiari, ma sempre immerse in queste variazioni di blu che ammantano ogni cosa di tristezza. Le figure sono allungate e semplificate, marcate generalmente da una spessa linea nera di contorno che le rende quasi statuarie e nello stesso tempo le isola dal fondo. Di questo periodo fa parte la famosissima opera La Vita, in esposizione a Basilea, opera straordinaria che già da sola giustifica la visita della mostra.
Nel 1904 Picasso si trasferisce a Parigi ed una certa leggerezza diluisce la malinconia. Infatti, alle soglie del 1905, i colori della sua tavolozza mutano; al blu succedono tinte dalle gradazioni delicate che vanno dal rosa all’ocra, alla folla dei derelitti subentra una umanità meno dolente fatta principalmente di saltimbanco e personaggi del circo. Anche le forme si alleggeriscono, le figure si fanno delicate, a volte evanescenti ed hanno volumi meno rigidi. La malinconia non scompare del tutto, ma si colora di una tenerezza che prima non vi era.
Picasso però è inquieto, non si accontenta, sente di non aver ancora compiuto quel salto di qualità a cui ambisce. Si guarda intorno, visita una retrospettiva di Cézanne di cui lo colpiscono le forme solide, guarda con attenzione i manufatti provenienti da Africa e Oceania che tanto successo stanno riscuotendo nella Parigi di inizio secolo e di cui lo affascinano i volumi essenziali e la dimensione spirituale. Ecco quindi che nel 1906 nei quadri di Picasso le forme diventano più compatte. In quell’anno poi, l’estate che trascorre a Gosol sui Pirenei lo pone in contatto con la primitiva arte iberica che accelera i cambiamenti nel suo stile. Siamo alla vigilia della svolta cubista, la sua “fase negra” ben documentata in questa mostra. Le forme sono più architettoniche ed inizia la scomposizione dei piani, i gesti si semplificano, i colori si compattano perdendo le sfumature. La mostra si chiude appunto con i disegni preparatori delle Demoiselles, ci accompagna per mano sul limitare della grande svolta. Come sia andata in seguito lo sappiamo. Cosa sarebbe stata l’arte senza Picasso, invece, per fortuna no.
Annamaria Calabretta