Un’occasione per approfondire la conoscenza di questo gigante del ’900 che investigò il misterioso rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione
A Lugano presso il MASI-LAC è in corso una retrospettiva sull’artista belga René Magritte, La ligne de vie – curatori Xavier Canonne e Julie Waseige.
In esposizione vi sono circa 70 pezzi tra opere, foto, documenti e affiche che ripercorrono le tappe della sua carriera artistica dagli esordi futuristi in cui troviamo per la prima volta uno scardinamento della staticità dell’immagine tradizionale alla fase matura, degli anni ’20 e ’30, quella per cui è universalmente conosciuto, in cui aderisce al Surrealismo. Per giungere alla fase detta “vache” (vacca), alla fine degli anni ’40, caratterizzata da contenuti grotteschi, colori stridenti e da una pennellata rapida che risente di contaminazione della cultura popolare. In mostra vi sono anche i film da lui realizzati durante le sue sperimentazioni cinematografiche degli anni ’50.
Il titolo della mostra è quello di una conferenza tenutasi ad Anversa nel 1938, una delle poche occasioni in cui l’artista belga parlò della propria arte e degli artisti che lo avevano ispirato, primo tra tutti De Chirico. Infatti la prima volta che vide Canto d’amore opera emblematica del pittore italiano ne rimase talmente impressionato da dire: “i miei occhi avevano visto il pensiero per la prima volta”. Siamo nel 1923 circa e tutta la sua attività artistica successiva sarà dedicata non ad una ricerca estetica ma alla rappresentazione delle idee. Investiga così il rapporto tra realtà, immagine e pensiero mostrando l’impossibilità di una vera rappresentazione della realtà.
Il rapporto tra realtà e immagine del resto era già entrato in crisi sullo scorcio dell’800, pittori come Van Gogh, Gauguin e Cézanne avevano iniziato a rappresentare la realtà filtrandola attraverso le loro personali visioni, Picasso poi aveva scomposto l’oggetto per mostrarcene tutti e 4 i lati. Magritte in un certo senso è ancora più radicale, scardina l’idea stessa di rappresentazione della realtà. Indaga infatti sulla differenza tra ciò che i nostri occhi vedono, ciò che le immagini riproducono e ciò che il linguaggio dice. Mette in mostra la realtà ma insinua il dubbio.
Emblematica è l’opera Il tradimento delle immagini (1929 circa), su un fondo neutro viene raffigurata una pipa, sotto una scritta in francese recita “questa non è una pipa”. Secoli di abitudine all’immagine realistica ci dicono che quella è una pipa ma poi il nostro raziocinio ci costringe ad ammettere che quella è una immagine e non l’oggetto reale mettendo in luce il paradosso comunicativo della immagine. Si rompe dunque la complicità tra artista e osservatore, la finzione artistica si rivela per quello che è un autoinganno e scopriamo quello che abbiamo sempre saputo l’immagine non è la realtà. Questa frattura crea un senso di spaesamento nell’osservatore e lo costringe a guardare con occhi nuovi la realtà.
Cosi nella Condizione umana vediamo un quadro posto davanti alla finestra che si sovrappone perfettamente al paesaggio esterno. E’ un quadro nel quadro, solo il bordo della tela e l’orlo della tenda ci mostrano che una parte dell’immagine non è paesaggio ma una sua riproduzione; a prima vista l’immagine ci inganna.
Magritte altera la realtà per turbare il pensiero logico dell’osservatore e disorientare le sue percezioni visive. Crea un universo reale ma colmo di enigmi (La bella prigioniera) oppure mostra oggetti comuni ma posti fuori dal loro contesto o in una materia diversa da quella che ci aspettiamo. Come nel quadro Le grazie naturali dove degli uccelli verdi sembrano foglie; o sono foglie che sembrano uccelli?
Contrasta con questo contenuto misterioso il suo stile piano ed essenziale che tradisce la sua formazione di grafico. Le immagini sono semplificate, spesso banali ed anonime. Il tratto è nitido e i contorni sono netti e precisi con stesure uniformi di colore. La semplicità dell’immagine mette in evidenza i contenuti. Il contrasto tra l’immagine nitida e la sua illogicità evidenzia lo straniamento dell’individuo stritolato dalla società moderna. La sua è un’arte di straordinaria attualità. In una società che ci bombarda di immagini, Magritte ne svela l’assurdo e ci ammonisce a guardare oltre, perché le immagini sembrano mostraci la verità ma a guardarle bene non sono realtà e ci ingannano.
Annamaria Calabretta