A Melbourne, Australia, la mostra che ripercorre la carriera dei due grandi protagonisti del novecento americano, simili e al contempo totalmente diversi che, forse inconsapevolmente, sono riusciti a portare l’arte dalle gallerie alla strada e viceversa
È in calendario alla National Gallery of Victoria a Melbourne, la mostra Keith Haring / Jean-Michel Basquiat: Crossing Lines (1 dicembre 2019 – 13 aprile 2020). In esposizione pitture, sculture, fotografie e oggetti per un totale di circa 300 opere. Alcune famosissime come il quadro Untitled 1982 di Basquiat che vanta il record dell’opera d’arte americana più cara, venduta nel 2017 per 110 milioni di dollari.
L’idea di allestire l’esposizione congiunta di due artisti è nella tradizione di questo museo dove nel 2016 grande successo riscosse la mostra su Warhol e Ai Weiwei. Tuttavia mai come in questo caso l’unione è doverosa tanto che lo stesso curatore Dieter Buchhart, si è chiesto come mai non sia stato fatto prima: erano coetanei, amici e condivisero la ribalta del Graffitismo newyorkese degli anni ’80.
La Street Art o Graffitismo era nato nei ghetti come espressione spontanea di protesta. Inizialmente considerata opera di vandali tuttavia parla un linguaggio universale e nel 1980 una mostra a New-York ne consacra l’ingresso negli ambienti ufficiali dell’arte. È il Times Square Show di cui Haring è uno degli organizzatori e a cui partecipa anche Basquiat. In quegli anni New-York è il centro del mondo e costoro ne diventano i beniamini, amici di personaggi come Andy Warhol o Madonna.
Apparentemente erano molto diversi, Haring era l’amato rampollo di una famiglia bianca benestante da cui fu sempre supportato. Basquiat povero, era nato da un immigrato portoricano che fu assente nella sua vita. Condividevano però la ribellione nei confronti della società inoltre, sebbene in modo diverso, entrambi erano emarginati il primo perché omosessuale, il secondo per il colore della pelle.
Anche il loro stile parte dalle medesime premesse: il Primitivismo. Cioè è basato sulla estrema semplificazione dell’immagine, quasi una sorta di infantilismo, come se si trattasse di opere di bambini. Gli esiti però sono molto diversi. Haring nutrito di fumetti, si esprime con sagome dai colori brillanti e privi di sfumature; uomini, animali o figure ibride come l’uomo con la testa di pesce, tutte poste sullo stesso piano. Sagome così espressive da diventare parole, come fossero emoji.
In Basquiat il Primitivismo assume toni etnici e più violenti, del resto il suo background è la cultura latina e africana. Nelle sue opere c’è una rabbia e una coloritura anti razzista che manca nel collega bianco. Le figure sono realizzate con segni coloratissimi ma disordinati, sembrano schizzi tracciati con tratto rapidissimo, ma non è cosi spontaneo come potrebbe sembrare. Le sue opere nascono da riflessione attenta e da una vasta conoscenza dell’arte, numerose sono le citazioni. Niente sagome pulite alla Haring dunque ma volti che sembrano totem, moderne maschere talvolta ridotte a teschi che si alternano a figure umane intere, scritte e simboli vari; fra questi frequente è la corona a tre punte.
Diversi furono anche nella gestione del successo che li aveva catapultati nella New-York ubriacante delle feste, dei vernissage, dei ricchi collezionisti, delle droghe della libertà sessuale; un mondo falso e non meno feroce dei ghetti da cui erano partiti. Basquiat infatti alterna momenti di euforia fatti di lavoro e contatti sociali intensi a periodi di abulia, devastante sarà poi per lui la perdita di Warhol che aveva sostituito il padre che non aveva avuto.
Haring invece contagiato dalla frenesia gira per il mondo, va dove sono richieste le sue opere e sono richieste ovunque. Lavora molto e su qualunque superficie (muri ma anche t-shirt e gadget vari) con un fervore creativo ed una generosità che gli venne rimproverato da quanti gli consigliavano di non inflazionare il mercato e tenere i prezzi alti.
Ma Haring, in questo simile a Basquiat, non ascolta nessuno, ritiene che l’arte sia di tutti e addirittura quando scopre di essere sieropositivo incrementa la sua iperattività. Il tragitto infatti è breve per entrambi e li ricongiunge in una morte prematura, Basquiat sempre più chiuso e isolato muore per overdose, Haring di Aids.
Oggi il loro messaggio è più che mai attuale, denunciando le storture della modernità ci mettono in guardia da una società apparentemente democratica ma in realtà soggetta alla dittatura dell’ipocrisia. Haring e Basquiat mettono in scena i mali che noi, immersi nelle nostre consuetudini, non riusciamo più a vedere.
Anna Maria Calabretta