La luce ed il suo utilizzo nelle più diverse declinazioni, percezione e movimento in relazione allo spazio, e naturalmente gli elementi ed i fenomeni naturali rappresentano i dati fondamentali costituenti le sue opere
Islandese di origine, danese di nascita, tedesco per lavoro.
Il suo nome si legherà a “The weather Project”, quando nel 2003 alla Tate Modern prende vita ed “appare” alla Turbine Hall, “The Sun”, il sole di Eliasson, un grande sole artificiale destinato a scompaginare il mondo dell’arte, o meglio a creare un nuovo modo di percepire e fare arte.
Pavimento, soffitto e pareti sono particolarmente trattati, diventano riflettenti, uno specchio gigante raddoppia il volume della sala, una nebbia artificiale crea l’illusione di un tramonto al chiuso in cui perdersi, al suo interno ogni uno può vivere la sua personale dimensione onirica.
Superando un ideale confine della sala si potranno scoprire i meccanismi, la costruzione del sole stesso.
E’ un’opera d’arte che vive e muta attraverso i movimenti dei visitatori.
Da questo momento “Your”, vostro, sarà la parola che precederà ogni sua opera.
I suoi primi lavori risalgono agli anni ’90 quando da studente della Royal Danish Academy of Fine Arts vince una borsa di studio e si trasferisce per un periodo a New York.
Nel 1995 fonda il suo studio, composto da circa cento persone, fra operatori, artigiani, storici dell’arte, architetti, programmatori ecc.
Qui saranno i fenomeni naturali ad essere al centro delle sperimentazioni, dei progetti su larga scala e delle installazioni architettoniche.
Sostanza delle sue opere sarà la luce, ed il suo utilizzo nelle più diverse declinazioni, la sua percezione ed il movimento in relazione allo spazio.
Rispetto alla luce sarà l’abilità di William Turner nel dare forma e fisicità a questo elemento ad avere un’influenza significativa sul suo lavoro. Turner sarà il suo primo incantamento, realizzerà infatti una serie di opere e dipinti che chiamerà gli “esperimenti del colore su Turner”.
Dai fenomeni naturali e dai suoi elementi imparerà il senso degli spazi, e sarà la sua personale metafora per coinvolgere la gente, poiché dice l’artista: “il fenomeno naturale nel suo essere effimero e transitorio porta a concentrarci sull’esperienza piuttosto che sull’oggetto”.
Rendere visibili le leggi della natura al fine di comprendere la nostra personale relazione/responsabilità nel e con il mondo, diventa sostanza del suo percorso artistico e del suo impegno sociale.
A tal proposito il suo nome verrà ancora legato alla realizzazione di un progetto di risonanza globale.
Nel 2012 prende vita “Little Sun”, una lampada portatile ad energia solare creata per dare la possibilità a più di un miliardo di persone sul pianeta di usufruire di una luce pulita evitando il ricorso a lampade alimentate con combustibili tossici. Coniuga con questa realizzazione arte e sostenibilità ambientale.
“L’arte può cambiare il mondo” afferma Eliasson.
“Ice Watch” è del 2015.
Una delle sue realizzazioni con questo tema verrà effettuata in occasione del COP21. Incontro dell’United Nations Conference sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi nel dicembre del 2015.
Crea un orologio a tempo formato da 12 enormi blocchi di ghiaccio prima naviganti in un fiordo della Groenlandia e poi fatti trasportare davanti al Phanteon. Tutti possono assistere in tempo reale al loro scioglimento, prendere consapevolezza dei cambiamenti climatici, di cui si fa portavoce.
Un report scientifico di 400 pagine diventa subito visibile e comprensibile a tutti.
Sono veramente tante le opere realizzate da Eliasson. A tal proposito “Real Life”, l’antologica dedicata agli ultimi suoi 30 anni di carriera, dagli anni 90 ad oggi, alla Tate Gallery di Londra ci ha consentito di attraversare il suo operato artistico in maniera trasversale.
Tra le opere del suo percorso, tutte di grande importanza, ricordiamo “Windows Projection” del 1990. un’intensa luce bianca proiettata su un muro, una finta finestra dove lo spettatore variamente proietta se stesso, oppure “A Grew up in Solitude and a silence”, del 1991, unica candela sul pavimento che si consuma all’infinito davanti all’osservatore.
“A Waterfall” è una cascata d’acqua che torna e ritorna in maniera costante, con il suo suono tranquillizzante che contrasta con la sua forza e grandezza.
L’opera verrà realizzata nel tempo, in diverse locations e con diverse strutture.
A “Your Spiral vew” è del 2002; opera legata alle sue ricerche sulla luce indagata attraverso i caleidoscopi e variamente tradotta attraverso diverse geometrie. La luce che entra nell’oggetto crea sempre nuovi mondi e nuove immagini, forse un modo per avvicinarci con occhi rinnovati alla realtà che ci circonda.
“Your Uncertaim Shadow” è del 2002. Con quest’opera è ancora la luce a creare racconto del nostro passaggio. Le ombre si proiettano mutevoli e variamente su una parete. La luce come quotidiano, come importante segno del nostro passaggio terreno.
“Your blind passenger“ esplora il tema della nebbia. Uno stimolo per chi si avventura ed attraversa un corridoio di circa 40 metri, dove non si vede se non a pochi passi, curiosità ed ansia si mescolano causate anche dal respirare un dolce elemento utilizzato nella creazione della nebbia stessa. Un modo per spingerci ad esplorare il mondo, la nostra casa.
Concludiamo il nostro percorso con “Earth perspectives”.
Realizzata nell’ambito dell’iniziativa “Back to Hearth” delle Serpentine Galleries, lo scorso 22 aprile, in occasione della celebrazione della “Giornata della Terra”.
Sul profilo Instagram dello studio, vengono caricati nove video. Si invita l’osservatore a diventare artista. Tenendo lo sguardo fisso su uno sfondo dove viene proiettata l’immagine della Terra, la stessa al suo sparire continuerà, grazie ad un effetto ottico a rimanere impressa nella retina. Ogni visitatore attiverà una sua personale percezione, contribuendo alla formazione di una molteplice visione del mondo.
Earth perspectives. 1/9 vista sopra la Barriera corallina, al largo della costa australiana. 22 aprile 2020[/caption]
L’arte negli ultimi anni è diventata un racconto difficile, legata spesso a pensieri radicali, a cambiamenti troppo veloci, a cui non sempre consegue un linguaggio adeguato.
In questo panorama, Eliasson con il suo personale racconto, realizza un’arte multisensoriale, dove tutti siamo portati al centro della scena, assieme alla natura che dovrebbe diventare in una relazione biunivoca, non margine ma la nostra stessa vita.
“Per cambiare il mondo è necessario cambiare il modo in cui lo percepiamo, con la consapevolezza che la realtà è relativa” (Olafur Eliasson)
Silvana Bonaccorso